Licenziamento legittimo per rifiuto al trasferimento: un’ipotesi di insubordinazione

untitledCon sentenza n. 23656 del 21 novembre 2016, la Corte di Cassazione, sezione Lavoro, ha giudicato legittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore dipendente che si era più volte rifiutato di fornire al datore di lavoro la documentazione necessaria a gestire e completare la pratica di trasferimento presso un’altra sede.

Secondo la Suprema Corte, tale reiterato ed ingiustificato rifiuto costituisce atto di insubordinazione del lavoratore dipendente e come tale causa legittima di licenziamento. In particolare, il rifiuto di eseguire una disposizione aziendale integra gli estremi della giusta causa di licenziamento in quanto contravviene ai principi di correttezza e buona fede nella gestione del rapporto di lavoro.

Decisivo è stato, altresì, ritenuto il fatto che il lavoratore non ha preliminarmente contestato sul piano formale il trasferimento, ma si è limitato ad impedire o quantomeno ritardare l’efficacia del provvedimento aziendale.

Nella fattispecie, si tratta di licenziamento motivato dalla mancata consegna da parte del lavoratore, una guardia giurata dipendente di una società che fornisce servizi di vigilanza e sicurezza, dei documenti necessari a ottenere il decreto prefettizio funzionale al suo trasferimento.

Lo stesso motivava il rifiuto con la assoluta mancanza di giustificazione della decisione del datore di lavoro, recriminando che nessun altro addetto della provincia di Roma era stato trasferito, essendo stato per essi confermata, al contrario, il trattamento di cassa integrazione straordinaria.

La Corte di cassazione ha, pertanto, confermato che l’aver impedito al datore di lavoro di dar corso al trasferimento non ha costituito legittimo esercizio del diritto di autotutela (ex art. 1460 c.c.), bensì ha integrato a tutti gli effetti gli estremi di un atto di insubordinazione, anche tenendo conto della reiterata e volontaria ignoranza di una disposizione aziendale.

Il lavoratore avrebbe dovuto in via preliminare contestare formalmente nel merito il provvedimento datoriale.