Le modifiche della riforma Fornero ai contratti flessibili toccano anche il lavoro a chiamata, introdotto dal D.Lgs. 276/2003.

Ricordiamo che le ipotesi soggettive secondo cui è possibile instaurare contratti di job-on-call, senza limitazioni sulle attività di impiego, sono state individuate in capo a due tipologie di soggetti:

  • giovani di età inferiore a 24 anni: in questa ipotesi, dall’entrata in vigore della riforma (18 luglio 2012) è possibile dar corso solo a rapporti di lavoro a termine, poiché la prestazione si deve esaurire entro il venticinquesimo anno di età;
  • soggetti di età superiore a cinquantacinque anni, anche pensionati.

Per le ipotesi oggettive è possibile, invece,  ricorrere al contratto di lavoro a chiamata per le prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze determinate dai contratti collettivi nazionali di lavoro ovvero per le attività elencate nella tabella approvata con il Rd 2657/1923.

La riforma prevede che i contratti a chiamata in corso all’entrata in vigore della legge 92/2012 non conformi alle nuove disposizioni (si pensi a un contratto stipulato con un soggetto quarantacinquenne, prima ammesso), sia a tempo determinato che indeterminato, si dovranno esaurire entro il 17 luglio 2013, altrimenti cesseranno ex lege. Secondo le indicazioni del Lavoro (circolare 18/2012), l’eventuale prosecuzione della prestazione sarà considerata “in nero”, poiché vietata. I contratti attivati in assenza delle condizioni legittimanti la stipulazione saranno considerati, in tal caso, a tempo pieno e indeterminato.

È bene ricordare che il ricorso al contratto intermittente è vietato per sostituire i lavoratori in sciopero, in unità produttive nelle quali si sia proceduto a licenziamenti collettivi o a sospensioni/riduzione dell’attività con ricorso a integrazioni salariali (per lavoratori adibiti alle medesime mansioni), o nel caso di aziende non in regola con la valutazione dei rischi.