Il Ministero del Lavoro nell’interpello n. 32/2012 si esprime sulla corretta interpretazione del disposto normativo ex art. 5, comma 4bis, D.Lgs. n. 368/2001, afferente al computo del periodo massimo di occupazione del lavoratore in caso di successione di più contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti. In particolare, l’istante chiede se sia possibile per un’azienda utilizzatrice, una volta esaurito il periodo massimo di trentasei mesi consentito dalla legge, far ricorso al contratto di somministrazione a tempo determinato nei confronti del medesimo lavoratore. La risposta del ministero è affermativa. L’azienda, una volta esaurito il periodo di 36 mesi, può impiegare lo stesso lavoratore ricorrendo alla somministrazione a termine

La riforma Fornero (L. 98/2012), dal 18 luglio, ha introdotto, infatti,  la novità che “nel limite dei 36 mesi andranno computati anche i periodi di occupazione –sempre con mansioni equivalenti – formalizzati attraverso una somministrazione a tempo determinato.

Tuttavia questo periodo massimo costituisce solo “un limite alla stipulazione di contratti a tempo determinato e non – invece – al ricorso alla somministrazione di lavoro. Ne deriva che, una volta raggiunti i trentasei mesi, il datore di lavoro potrà ricorrere alla somministrazione a tempo determinato con lo stesso lavoratore.

Del resto, il Legislatore, con la disposizione in esame, ha inciso sulla disciplina regolatrice del contratto a tempo determinato di cui al D.Lgs. n. 368/2001 e non sulla normativa relativa alla somministrazione a tempo determinato di cui al D.Lgs. n. 276/2003; ciò in quanto i due istituti contrattuali rappresentano degli strumenti di flessibilità differenti.

È dunque evidente che il Legislatore non ha introdotto ex novo nel nostro ordinamento un limite legale di durata alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.