La legge n.76 del maggio 2016 ha introdotto nell’ordinamento giuridico la regolamentazione delle unioni civili e convivenze di fatto.
L’unione civile è costituita dal legame tra due persone maggiorenni dello stesso sesso, unite civilmente attraverso dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni.
La costituzione dell’unione comporta che le parti acquistino gli stessi diritti e i medesimi doveri previsti in caso di matrimonio.
Diversamente, la convivenza di fatto può riguardare sia coppie eterosessuali che coppie omosessuali: sono conviventi di fatto due persone maggiorenni non unite né civilmente né in matrimonio, ma solo da uno stabile legame affettivo di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale in quanto coabitanti (la coabitazione deve risultare dalla dichiarazione anagrafica di cui all’articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.
Ai conviventi di fatti sono estese (a differenza di quanto accade con le unioni civili) solo alcune prerogative spettanti ai coniugi.
Ne deriva che – per alcuni aspetti – è stato rilevato come i livelli di tutela introdotti per le unioni civili omosessuali siano superiori a quelli delle convivenze di fatto eterosessuali, nel presupposto che le unioni civili sono l’unica possibilità di costituire una “formazione sociale” rilevante ai fini giuridici, mentre i soggetti eterosessuali possono scegliere tra due diversi tipi di “contratto” (matrimonio e convivenza di fatto) e, quindi, tra due diversi assetti di interessi, diritti e doveri.
Ad esempio ai conviventi di fatto sono riconosciuti gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario, nonché in caso di malattia o di ricovero del convivente, acquisendo il diritto reciproco di visita, di assistenza nonchè di accesso alle informazioni personali.
I conviventi possono stipulare ‘un contratto di convivenza’ per disciplinare i loro rapporti patrimoniali.
Da entrambi gli istituti scaturiscono, pertanto, alcuni effetti nel rapporto di lavoro e nella sfera previdenziale.
Per quanto concerne le unioni civili, la norma chiave è costituita dall’articolo 1 co. 2 della suddetta legge che assicura l’effettività di alcuni diritti e obblighi.
In particolare, salvo eccezioni previste dai contratti collettivi, alla coppia omosessuale spettano una serie di vantaggi:
- in caso di morte del prestatore di lavoro, alla parte dell’unione civile spettano l’indennità sostitutiva del preavviso e del Tfr;
- in materia di Tfr, in caso di scioglimento dell’unione civile, a uno dei due partner (titolare dell’assegno di mantenimento) compete il 40% del Tfr spettante dall’altra parte in caso di cessazione del rapporto di lavoro in relazione a quanto maturato durante l’unione civile;
- il diritto al congedo familiare (assimilabile a quello matrimoniale);
- il diritto ai permessi per assistenza al partner disabile e al congedo di 3 giorni per lutto o per grave infermità dell’altra parte;
- la facoltà di revocare il consenso alle clausole elastiche, nonché la priorità nel diritto di trasformazione del rapporto in part time per assistere il partner affetto da gravi patologie oncologiche;
- il diritto di convalida delle dimissioni del lavoratore dal giorno in cui costituisce un’unione civile fino ad un anno dopo;
- nullità del licenziamento intimato in concorso con l’unione civile;
- sotto l’aspetto previdenziale la coppia unita civilmente costituisce nucleo ai fini della spettanza del relativo assegno familiare e delle detrazioni fiscali previste dalla legge;
- infine, all’altro partner spetta anche la rendita Inail in caso di morte del lavoratore per infortunio sul lavoro, così come la pensione ai superstiti in caso di morte del pensionato o del lavoratore assicurato.
- maturazione del diritto alla pensione indiretta o di reversibilità secondo le medesime regole e nella misura prevista – da ciascuna gestione previdenziale – per il coniuge superstite.
Relativamente al rapporto di lavoro dei conviventi di fatto, invece, al partner che presta stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro partner è riconosciuta la partecipazione agli utili della stessa impresa ed ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento.
Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di societa’ o di lavoro subordinato.
È invece completamente omessa qualsiasi misura di natura previdenziale o assistenziale spettante ai collaboratori familiari iscrivibili alla gestione artigiani e commercianti, sebbene si attendano ulteriori chiarimenti in merito dall’Inps.