La Corte di Cassazione, con sentenza del 2 aprile n. 5241, ha sancito che la clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi è nulla per contrarietà a norma imperativa con l’effetto che il contratto a termine si “converte”  a tempo indeterminato.

La specificità del precetto, aggiunge la Corte, alla stregua del quale la valutazione dei rischi assurge a presupposto di legittimità del contratto, trova la “ratio legis” nella più intensa protezione dei rapporti di lavoro sorti mediante l’utilizzo di contratti atipici, flessibili e a termine, ove incidono aspetti peculiari quali:

  • la minor familiarità del lavoratore e della lavoratrice sia con l’ambiente di lavoro sia con gli strumenti di lavoro a cagione della minore esperienza e della minore formazione;
  • la minore professionalità;
  • l’attenuata motivazione.

La disposizione in esame costituisce l’armonizzazione, nell’ordinamento italiano, della regola del necessario equilibrio tra flessibilità e sicurezza.

Incombe sul datore di lavoro, che intenda sottrarsi alle conseguenze della violazione del divieto, l’onere di provare di aver assolto specificamente l’adempimento, con la valutazione dei rischi nei termini richiesti dalla normativa, in epoca antecedente alla stipula del contratto a termine.

Il giudice non può che constatare la sussistenza della fattispecie lecita o vietata dall’ordinamento.