Si riportano le risposte del Ministero del Lavoro in ordine agli orientamenti che verranno seguiti dal personale ispettivo nel corso delle verifiche presso le aziende sulla corretta applicazione della Riforma Fornero.

1) Qual’è il significato da attribuire alla disposizione di cui all’art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 368/2001, come modificato dall’art. 1, comma 9, lett. a), L. n. 92/2012, in virtù della quale “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”?

In forza del suddetto disposto normativo, qualora nell’ambito di una determinata tipologia contrattuale di natura subordinata, non si riscontrino gli elementi di specialità previsti dal legislatore – elementi sia di carattere sostanziale che formale – il rapporto di lavoro deve essere ricondotto necessariamente alla “forma comune” e cioè al contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

2) Quando può essere stipulato il contratto a termine “acausale”, ovvero senza la necessaria individuazione delle ragioni giustificatrici ex art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 368/2001, di durata non superiore ai dodici mesi?

Il contratto a termine “acausale” di durata non superiore a dodici mesi può essere stipulato esclusivamente nelle ipotesi in cui non siano intercorsi tra il medesimo datore di lavoro e lavoratore precedenti rapporti di lavoro di natura subordinata (ad es. un precedente contratto a tempo determinato o indeterminato ovvero intermittente).

Diversamente, nel caso di pregressi rapporti di lavoro di natura autonoma tra i medesimi soggetti, si ritiene possibile la stipulazione di un primo contratto a termine “acausale”.

3) E’ possibile la proroga del primo contratto a termine “acausale”?

Si ribadisce che il primo contratto a termine acausale non può avere una durata superiore a dodici mesi e laddove venga stipulato per un periodo inferiore, lo stesso non è prorogabile, né tantomeno risulta possibile stipulare un nuovo contratto a termine acausale per il restante periodo fino al raggiungimento dei dodici mesi. Ad esempio, se il primo rapporto a termine acausale ha una durata di 3 mesi, in caso di successiva assunzione a tempo determinato del medesimo lavoratore risulta necessario indicare le ragioni che giustificano l’apposizione del termine ossia quelle integranti il c.d. causalone.

4) E’ possibile fruire dei “periodi cuscinetto” – non superiori a 30 o 50 giorni, a seconda che il rapporto a termine abbia una durata inferiore oppure pari o superiore a sei mesi – anche nelle ipotesi di primo contratto a termine “acausale”?

Sì, è ammessa la possibilità di usufruire dei c.d. periodi cuscinetto, rispettivamente di 30 e 50 giorni, anche in relazione al primo contratto a termine acausale, evitando in tal modo una trasformazione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato, nel caso di superamento del termine inizialmente fissato. Di conseguenza, la durata massima del primo contratto a termine acausale, nell’ipotesi di fruizione del c.d. periodo cuscinetto, è pari complessivamente a 12 mesi e 50 giorni.

5) In caso di prosecuzione di fatto del rapporto di lavoro oltre il termine originariamente fissato nonché nel caso di superamento dei c.d. periodi cuscinetto pari a 30 o 50 giorni, risulta applicabile la disciplina sanzionatoria fissata ex art. 19, D.Lgs. n. 276/2003 nell’ipotesi di mancata o tardiva comunicazione di tale circostanza ai competenti centri per l’impiego ex art. 5, comma 2-bis, D.Lgs. n. 368/2001?

No, in entrambi i casi. Sebbene il legislatore della riforma abbia sancito con l’art. 5, comma 2-bis, un nuovo obbligo comunicazionale in capo al datore di lavoro nelle ipotesi di prosecuzione del rapporto, la mancata e/o tardiva comunicazione non produce alcuna conseguenza sul piano sanzionatorio in quanto non espressamente prevista.

6) Nel caso in cui il rapporto di lavoro prosegua oltre il termine originariamente fissato, si rinvengono i margini per l’applicazione della maxi sanzione per lavoro nero?

Entro i limiti dei c.d. cuscinetto di 30 e 50 giorni non si rinvengono i margini per l’applicazione della maxi sanzione in quanto tali periodi di “tolleranza” sono considerati coperti “ex lege” dalla iniziale comunicazione di assunzione.

Diversamente la prestazione di lavoro resa nel periodo successivo allo scadere dei periodi cuscinetto è una prestazione “in nero”, rispetto alla quale trovano applicazione le scriminanti di carattere generale descritte con circolare n. 38/2010.

La maxi sanzione, pertanto, trova applicazione a partire rispettivamente dal 31esimo e dal 51esimo giorno salvo il riscontro delle citate scriminanti.

7) Il nuovo regime degli intervalli temporali, tra un contratto a tempo determinato ed il successivo, di 60 e 90 giorni in relazione alla durata del contratto scaduto pari o superiore a sei mesi, deve essere rispettato per qualunque tipologia di contratti a termine ovvero subisce delle eccezioni collegate alla causale giustificatrice dell’apposizione del termine?

L’obbligo del rispetto degli intervalli vale per ogni tipologia di contratto a termine, indipendentemente dalla causale applicata anche dunque nell’ipotesi di assunzione per ragioni sostitutive, ivi compresa la c.d. sostituzione per maternità.

L’unica fattispecie per la quale non si impone l’obbligo del rigoroso rispetto del regime degli intervalli temporali è quella concernente l’assunzione del lavoratore in mobilità, in considerazione della peculiarità del contratto e in quanto ipotesi non contemplata dal D.Lgs. n. 368/2001 ma dall’art. 8, comma 2, L. n. 223/1991.

8) Come deve essere interpretata la disposizione di cui all’art. 5, comma 3, D.Lgs. n. 368/2001, che consente la riduzione degli intervalli temporali, in caso di successione di più contratti a termine a venti o trenta giorni, in virtù di apposite previsioni da parte della contrattazione collettiva?

La circolare n. 27/2012 ha già chiarito che “gli accordi di livello interconfederale o di categoria – ovvero, in via delegata, a livello decentrato – possono ridurre la durata degli intervalli per esigenze riconducibili a ragioni organizzative qualificate, legate all’avvio di una nuova attività, al lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, ecc.”.

Si evidenzia, inoltre, che la locuzione normativa “ogni altro caso previsto dai contratti collettivi” di qualsiasi livello, consente di ridurre intervalli da parte della contrattazione nazionale, territoriale o aziendale, anche in ipotesi diverse e ulteriori rispetto a quelle legate ai processi organizzativi sopra considerati.

Si precisa, ad ogni modo, che le diverse e ulteriori ipotesi sopra menzionate devono essere specificatamente declinate dalla contrattazione collettiva.

9) Il superamento del periodo massimo di occupazione a tempo determinato, fissato dall’art. 5, comma 4-bis, D.Lgs. n. 368/2001, in 36 mesi, che comporta la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, trova applicazione anche con riferimento alla somministrazione di lavoro a termine?

No, la misura “sanzionatoria” della trasformazione in contratto a tempo indeterminato non trova applicazione con riferimento alla successione temporale di più contratti di somministrazione a tempo determinato.

Ciò in quanto, nel caso di contratto di somministrazione, opera l’espressa esclusione prevista dall’art. 22, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 secondo il quale “in caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’art. 5, commi 3 e seguenti (…).”.

10) E’ possibile, dopo un primo contratto a termine, assumere il medesimo lavoratore con contratto di lavoro intermittente, senza rispettare gli intervalli temporali fissati ex art. 5, comma 3, D.Lgs. n. 368/2001?

Anche se da un punto di vista letterale non risulta una preclusione in tal senso, la condotta potrebbe integrare la violazione di una norma imperativa (art. 1344 cod. civ.) e trattandosi di un contratto stipulato in frode alla legge, con conseguente nullità dello stesso e trasformazione del rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.