Si riportano le risposte del Ministero del Lavoro in ordine agli orientamenti che verranno seguiti dal personale ispettivo nel corso delle verifiche presso le aziende sulla corretta applicazione della Riforma Fornero.
1) Quali sono le principali novità della riforma in ordine alla tipologia contrattuale delle collaborazioni a progetto?
Oltre all’eliminazione del “programma” di lavoro o della “fase” di esso, requisito indispensabile ai fini del riconoscimento della genuinità del contratto risulta essere la descrizione di uno specifico progetto funzionalmente collegato ad un determinato risultato finale obiettivamente verificabile.
2) Come deve essere inteso l’art. 61, D.Lgs. n. 276/2003 novellato dalla riforma nella parte in cui il legislatore stabilisce che il progetto non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale?
Il progetto gestito autonomamente dal collaboratore non può sinteticamente identificarsi con l’oggetto sociale, ma deve risultare caratterizzato da una sua specificità, compiutezza, autonomia ontologica e predeterminatezza del risultato atteso, in modo da costituire una vera e propria “linea-guida” in ordine alle modalità di espletamento dell’obbligazione del collaboratore. Il progetto può dunque rientrare nell’ambito del ciclo produttivo dell’impresa e nel c.d. “core business” aziendale, ma non può limitarsi a sintetiche e generiche formulazioni standardizzate che identificano la “ragione sociale” descritta nella visura camerale del committente.
3) Il compenso erogato al collaboratore deve essere parametrato al tempo impiegato per la realizzazione del progetto?
No, il compenso viene erogato in relazione al raggiungimento del risultato finale, tuttavia l’elemento temporale rileva ai fini della valutazione circa la congruità dell’importo attribuito al collaboratore sulla base del contratto collettivo di riferimento.
In particolare, il nuovo art. 63, D.Lgs. n. 276/2003 rimanda ai minimi salariali applicati nello specifico settore alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, in forza dei contratti collettivi sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati.
Laddove non si rinvenga una contrattazione per lo specifico settore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, si fa riferimento “alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto”.
4) L’elencazione delle attività, di cui alla circolare n. 29/2012, difficilmente inquadrabili nell’ambito di un genuino rapporto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, ancorché astrattamente riconducibili ad altri rapporti di natura autonoma può costituire una presunzione di subordinazione?
No, tale indicazione opera esclusivamente sotto il profilo della metodologia ispettiva, al fine di orientare e uniformare l’attività di vigilanza, non volendo dunque rappresentare alcun indice presuntivo di carattere generale in ordine ai criteri distintivi tra attività autonoma e subordinata. Ciò che si vuole esprimere con tale elencazione è la non riconducibilità delle attività indicate ad un progetto nelle valutazioni del solo personale ispettivo, ferme restando ovviamente le competenze giudiziali in materia di qualificazione del rapporto di lavoro.